NAPOLI: Nella sua immensa bellezza, nei suoi vicoli, nelle sue contraddizioni e nelle sue tradizioni che restano immutate nel tempo.
Uvaspina e Minuccia, fratello e sorella. Uvaspina non si ricorda neanche più qual è il suo nome vero. Lo chiamano così da quando è nato per la sua voglia color uva che ha sotto l’occhio sinistro e perché il giorno in cui è stato concepito, sua madre ricorda bene di essersi punta con un rametto. E’ timido, introverso e totalmente influenzato dall’umore di sua sorella che cambia in continuazione. Minuccia è uno “strummolo” (ovvero la trottola napoletana) che nei suoi continui giri può travolgere e con la sua punta in alcuni momenti può fare davvero male.
Entrambi sono nati dall’amore giovanile di Graziella “La Spaiata”, napoletana dei vicoli famosa “chiagnazzara” ai funerali di mezza Napoli, e di Pasquale Riccio figlio del notaio Lello Riccio e presidente di uno dei circoli più famosi della città
Con gli occhi di Uvaspina, ma una narrazione in terza persona, l’autrice ci racconta dell’amore estremo verso la famiglia, la scoperta della sessualità e dell’amore vero, la voglia di fuggire quando in età adolescenziale tutto sembra troppo buio e insormontabile compresa la follia che invade sua sorella Minuccia.
Uvaspina vivrà sempre nell’attesa che la luce possa nuovamente illuminare il buio della sua esistenza adolescenziale. Lui però sa realmente cosa vuole a differenza di quello che possono pensare coloro che solo nel guardarlo, solo nel sentirlo parlare, lo giudicano. Chi lo giudica è in primo luogo la sua famiglia, ma chi lo fa più di tutti resta sua sorella, vittima di una folle gelosia verso un fratello che rimane sempre impassibile davanti ai gesti feroci e gratuiti di Minuccia. A salvarlo dal buio adolescenziale arriverà l’amore. Sarà l’amore che ascolta, che non giudica e non chiede nulla in cambio…forse!
Monica Acito non lascia spazio all’immaginazione, racconta questa storia con i colori e i profumi che la avvolgono, con la crudeltà e la dolcezza rappresentativi della città che vive con i protagonisti.
Le espressioni in lingua napoletana sono state inserite secondo me nella giusta misura perché necessarie a dare valore ai singoli avvenimenti e sicuramente è stato fatto in maniera comprensibile
Trovare, poi, al capitolo 17 anche un pezzetto dedicato alla mia città natale, Torre Annunziata, è stato emozionante, mi è sembrato come respirare le atmosfere che si vivono nei momenti di festa con la cura del dettaglio che anche chi non conosce a fondo quei luoghi può comprendere.
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