Questo libro è il viaggio di Cristina Rivera Garza nel passato e nei ricordi di sua sorella Liliana vittima di un femminicidio non riconosciuto come tale ai tempi in cui è avvenuto (16 Luglio 1990) e nei luoghi in cui è avvenuto (Città del Messico).
Il libro ha inizio con l’affannosa ricerca di Cristina tra uffici e burocrazia del fascicolo, ormai archiviato, contenente l’indagine relativa alla morte di sua sorella, facendo nel frattempo riferimenti storici importanti come il 14 giugno 2012 momento in cui il femminicidio è stato incluso cone delitto nel codice penale federale in Messico.
La struttura della narrazione è come un vocabolario fatto di tanti piccoli aneddoti, di impressioni dell’autrice, di chi ha vissuto da vicino sua sorella Liliana, ma anche e semplicemente raccolte di pagine del suo diario di sue annotazioni.
La sensazione che mi ha pervaso è stata inizialmente di attesa e di vuoto, quello che sente inizialmente chi vive un lutto. Poi tutto cambia, si rivivono luoghi, momenti emozionanti della vita di una giovane donna che era libera e voleva restare tale.
Libera di scegliere chi, quando e come amare.
Così il lutto non appare più una solitudine.
Tra racconti tratti dal diario di una giovane donna e storie del femminismo in Messico, questo libro lascia il cuore aperto e il messaggio sempre vivo di continuare a credere che possano davvero cambiare tante cose affinché non accada più.
Come sempre il ringraziamento alla fine delle mie recensioni di autori internazionali non può che andare sempre e comunque a chi ci traghetta i loro messaggi.
Grazie quindi a Giulia Zavagna per l’impeccabile traduzione di questo bel manifesto d’amore dell’autrice e della sua voglia di continuare a credere in ciò per cui lotta da anni.
🎁🎁🎁🎁/5
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