Hana e Emi, due sorelle. Vivono nell’isola di Jeju a sud della Corea, vivono di ciò che regala loro il mare, appartengono alla categoria delle haenyeo, pescatrici in apnea.
Intorno a loro la Corea del 1943 invasa dai giapponesi.
Hana è più grande e viene da subito istruita dalla loro mamma sui pericoli della terra in cui vivono e sarà proprio per salvare sua sorella che verrà catturata dal generale Marimoto e deportata in Manciuria.
Lì inizierà il suo calvario, dal trauma della separazione dalla sua famiglia fino ad arrivare a subire i brutali stupri riservati alle donne di conforto coreane da parte dei soldati giapponesi.
Hana vivrà come in apnea, sentendo come unico rumore della vita il battito del suo cuore.
In parallelo si narra il 2011, il mondo è andato avanti. Emi è anziana ma non ha mai dimenticato sua sorella Hana catturata nel 1943 e forse vittima di quelle torture senza fine.
Emi crede ancora che sua sorella possa essere viva e la sua ricerca non è mai finita sopratutto ora, che dopo anni di silenzio, finalmente di quelle atrocità se ne parla alla luce del sole.
La storia di Hana è la rappresentazione di una pagina di storia rimasta nell’ombra per troppi anni, giustificata dal silenzio dell’omertà che la guerra porta con sè.
Ho letto in un pomeriggio questo libro, percependo pagina dopo pagina la crudeltà di cui è capace l’essere umano attraverso la narrazione senza filtri, ma scorrevole, dell’autrice.
Mi ha lasciato tanta amarezza, intanto per aver conosciuto poco questa parte di storia, ma ancora di più scoprire che solo a fine 1900/inizi 2000 è stato finalmente decretato che la prostituzione delle “donne di conforto” non fosse volontaria, ma frutto del sequestro e detenzione da parte dei soldati giapponesi.
Come sempre grazie ai traduttori, per me traghettatori dei messaggi degli autori
🎁🎁🎁🎁/5
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